L’Automedicazione Pediatrica: una pratica assolutamente da Evitare!
Nell’infanzia, così come negli adulti, è fondamentale conoscere le cause e gli effetti che possono essere causati dal cibo nei riguardi della biodisponibilità dei medicinali al fine di ottenere l’efficacia terapeutica desiderata. Pertanto, è necessario conoscere sempre i principi attivi contenuti nei farmaci le cui biodisponibilità ed efficacia possono essere modificate in presenza di cibo. Per renderci conto del problema basti pensare a una pratica molto comune, ossia quella di mescolare al cibo un farmaco di difficile accettazione da parte del bambino, proprio per ottimizzarne la compliance.
Ebbene, questo, pur facilitando l’accettazione del farmaco, può generare una serie di eventi che possono annullare oppure potenziare l’azione del medicinale con conseguenze facilmente intuibili.
L’ automedicazione nei bambini è piuttosto comune e spesso legata al raggiungimento del sollievo dai sintomi di patologie comune, come raffreddore, febbre e dolore ad esso associato (cure solo palliative). Tuttavia, l’uso eccessivo e indebito di medicinali può portare a gravi conseguenze per il bambino. I dati riportati dal 35° “National Poison Data System of the American Association of Poison Control Centers for children” mostrano che i bambini sotto i cinque anni sono le maggiori vittime di casi d’intossicazione da farmaci per automedicazione (oltre il 35%). L’incertezza riguardo l’efficacia e la sicurezza dei medicinali disponibili per i piccoli pazienti contribuisce a considerare i bambini un gruppo a rischio. Va ricordato che la maggior parte dei medicinali usati nei bambini è stata testata solo negli adulti e molto spesso non in formulazioni o forme farmaceutiche appropriate all’età infantile.
La prescrizione di farmaci per i bambini segue gli stessi principi di sicurezza degli adulti, sebbene vi siano più peculiarità e meno prove scientifiche sistematiche. Fattori come età, altezza, massa corporea e la fase di sviluppo, influenzano la risposta farmacologica. Tra questi, l’età e lo stadio di sviluppo dei bambini, tra l’altro molto variabile e differente in questo segmento di popolazione, interferiscono in modo notevole nella farmacocinetica dei farmaci. Pertanto, variazioni di pH, tempo di svuotamento gastrico, motilità gastrointestinale, attività enzimatica, renale ed epatica, sono i maggiori responsabili della alterata biodisponibilità dei farmaci (Per approfondimenti si consulti il lavoro pubblicato su The AAPS Journal (2020) 22:6, DOI: 10.1208/s12248-019-0380-46).
I rischi intrinseci per i medicinali tendono a essere più rilevanti nei bambini, perché loro hanno caratteristiche che li rendono più vulnerabili rispetto agli adulti, come le differenze farmacocinetiche e farmacodinamiche, la suscettibilità all’ingestione di farmaci a causa di una difficile comprensione, l’automedicazione praticata dai genitori verso i propri figli, le informazioni limitate sull’uso razionale dei medicinali e, soprattutto, sull’assenza di sviluppo di farmaci specifici.
Per tutti i motivi sopra menzionati, i farmaci da prescrizione per la popolazione pediatrica dovrebbero essere usati in modo razionale e sicuro. Bisogna, inoltre, essere consapevoli del fatto che le interazioni non devono essere viste solo in ambito terapeutico, ossia riduzione dell’effetto di un principio attivo oppure insorgenza di tossicità ma anche in ambito nutrizionale.
Infatti, se è vero che l’azione del farmaco può essere modificata dalla sostanza nutritiva, è anche vero che la biodisponibilità di una sostanza nutritiva introdotta con la dieta, può essere compromessa dal farmaco, favorendo lo sviluppo di altri eventi patologici.
Infatti, i farmaci assunti durante un pasto, per esempio mescolati al cibo per facilitarne l’accettazione da parte del paziente, possono andare incontro a fallimenti terapeutici e causare un effetto tossico sull’organismo del bambino, poiché alcuni alimenti stimolano la produzione di sostanze gastriche che, a loro volta, possono ulteriormente favorire la dissoluzione dei farmaci somministrati incrementando la loro dose abituale. Inoltre, molti alimenti e gli stessi farmaci, possono modificare la motilità gastrica e intestinale. Detto questo, sappiamo bene che la diminuzione della velocità intestinale favorisce il completo assorbimento del farmaco, consentendogli di raggiungere livelli di tossicità per l’uomo. Figuriamoci nel bambino. Inoltre, molti medicinali interferiscono con la quantità di cibo ingerito, alterando l’appetito, facendolo aumentare o ridurre, il che può influire direttamente sullo stato nutrizionale dei pazienti, soprattutto in terapie croniche. Alcuni farmaci possono anche alterare l’assunzione di alimenti a causa della comparsa di nausea e vomito, portando a un processo di repulsione del cibo, danni alla funzione orale dovuti a una persistente diminuzione della sensazione di gusto e perdita totale di gusto, irritazione della mucosa gastrica e alterazione del tratto gastrointestinale. Nell’infanzia, poiché i rapidi tassi di crescita sono accompagnati da marcati cambiamenti nello sviluppo, e nella funzione degli organi, l’incapacità di fornire nutrienti adeguati durante questo ciclo di vita ha maggiori probabilità di causare effetti negativi sia sullo sviluppo del peso, che sulla crescita del bambino. Pertanto, è necessario affermare l’importanza di conoscere le cause e gli effetti delle interazioni causate dalla presenza di cibo sulla biodisponibilità dei farmaci. Questo è fondamentale per ottenere l’efficacia terapeutica desiderata. È sempre importante valutare questa interazione nei bambini, specialmente quando si prova a mascherare gli odori e sapori mescolando il farmaco con il cibo per ottimizzarne l’accettazione.