Gli Inibitori delle Proteasi nel Trattamento dell’Epatite C e le Interazioni con gli Alimenti

Epatite C I farmaci Boceprevir e il Telaprevir, noti come inibitori della proteasi (PI), somministrati in combinazione con interferone   pegilato, hanno sicuramente rivoluzionato il trattamento dell’Epatite C di tipo-1. Tuttavia, questi due farmaci inducono interazioni farmacologiche molto significative, e la loro rilevanza clinica è molto spesso difficile da prevedere. Sia il Boceprevir che il Telaprevir sono substrati e potenti inibitori del citocromo P450 3A4 e del più importante trasportatore di membrana, la glicoproteina-P (P-gp). Essi inducono sovradosaggio, ma a volte possono ridurre in modo consistente l’effetto di altri farmaci inducendo altri citocromi. I problemi di sovradosaggio o di riduzione di dosaggio colpisce prevalentemente i farmaci con un basso indice terapeutico, come gli immunosoppressori o gli antiretrovirali. Inoltre, questi farmaci possono innescare un prolungamento dell’intervallo cardiaco QT, il che significa che i medici dovrebbero gestire tale rischio controllando attentamente fattori come i livelli di potassio/magnesio oppure evitare altri l’uso di altri farmaci che possono prolungare l’intervallo QT. Da quanto detto si capisce che la loro capacità di inibire il citocromo P450 3A4, agire sulla Glicoproteina-P e prolungare l’intervallo QT possono avere conseguenze cliniche molto significative. Per questo motivo la gestione della terapia farmacologica dell’epatite C è complessa. Ecco alcuni dati su cui è bene riflettere prima del loro uso.

Il Boceprevir raggiunge la Cmax in circa 2,5 ore, e la sua emivita plasmatica è di 3 ore. E’ stato dimostrato che il cibo aumenta significativamente la sua biodisponibilità, aumentando la AUC dal 40 al 60% rispetto ad una somministrazione a digiuno. Di conseguenza, si raccomanda che il Boceprevir venga assunto con il cibo. Il Cmax del Telaprevir, invece, è di 4-5 ore ed è stato riportato che l’AUC di tale farmaco è risultato aumentato del 20% nei soggetti che aveva consumato una colazione ricca di grassi (928 kcal, 56 g di grassi) rispetto ad una colazione regolare (533 kcal, 21 g di grassi). Ma il valore AUC è risultato diminuito da 73, 39 e il 26% rispettivamente, quando somministrato a digiuno, dopo il consumo di una prima colazione povera di calorie e di grassi (249 kcal/3.6 g di grassi) e, infine, con una colazione ricca di proteine (260 kcal/9 g di grassi). Di conseguenza, si raccomanda che il Telaprevir venga somministrato con il cibo che contiene alcuni grassi che permettono di migliorare il suo assorbimento, ma senza esagerare con un pasto ad alto contenuto di grassi. Ma questo non è tutto a proposito di questi due farmaci. Infatti, alcuni autori hanno riportato che il Boceprevir agisce come un potente inibitore della P-gp. Sicchè, la co-somministrazione di un PI con un farmaco a sua volta substrato per la P-gp blocca l’azione della P-gp e aumenta così l’assorbimento del substrato. Ad esempio, è stato clinicamente dimostrato che la co-somministrazione di Telaprevir con la Digossina provoca un aumento dell’AUC della digossina del 85%, suggerendo la necessità di ridurre la dose di digossina per evitare un suo sovradosaggio. La co-somministrazione con il  Boceprevir ha avuto un minore impatto in quanto l’AUC di digossina è aumentato solo relativamente del 19%. In entrambi i casi, i pazienti che assumono entrambi i farmaci devono essere necessariamente monitorati per evitare complicanze cliniche.

Ovviamente ci siamo limitati a riportare solo le interazioni con il CYP3A4 e la P-gp ma entrambi i farmaci avrebbero effetti anche sugli altri trasportatori di membrana. Sicuramente ci sono tutte le ragioni per stare particolarmente attenti a valutare bene qualsiasi contemporanea somministrazione di farmaci in presenza di Boceprevir e Telaprevir. Sebbene sia possibile reperire molte informazioni a riguardo al sito web www.hep-druginteractions.org, il clinico dovrebbero scegliere il giusto trattamento in collaborazione con il farmacista nel tentativo di minimizzare potenziali interazioni e fornire alternative terapeutiche se il paziente sviluppa interazioni clinicamente significative.

Le informazioni qui riportate sono state estrapolate dal recente lavoro pubblicato su Eur. J. Clin. Pharmacol. 70:775-789, 2014.

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