Le Interazioni Farmaco-Cibo sono sempre più frequenti: coinvolti più del 40% dei farmaci approvati dal 2010 ad oggi. Il caso dell’Ivacaftor usato nella Fibrosi Cistica.

In base ad un recente studio è stato messo in evidenza che circa il 40% dei farmaci autorizzati tra il 2010 e il 2017 mostra un significativo fenomeno di interazione con il cibo (O’Shea et al., 2019). Ciò suggerisce che durante lo sviluppo clinico dei farmaci, l’anticipazione dell’impatto del cibo sull’assorbimento dei farmaci e sugli effetti globali della sua farmacocinetica è di estrema importanza per evitare conseguenze critiche durante il loro uso terapeutico. Di conseguenza, la capacità di prevedere e anticipare l’effetto del cibo sulla somministrazione orale di farmaci è di immenso valore per lo sviluppo dei farmaci. Giusto per renderci conto dell’entità del problema, basti pensare che dei 26 farmaci per via orale licenziati nel 2020, per 11 di loro (42%) sono state riportate chiare evidenze di interazioni con conseguenze clinico-terapeutiche tale da poter far nascere serie reazioni avverse.

L’Ivacaftor (commercializzato con il nome di Kalydeko) è un modulatore della proteina CFTR, che ha dimostrato negli studi clinici controllati, ottime caratteristiche di efficacia e buone caratteristiche di sicurezza e, ormai da lungo tempo, viene prescritto a tutti i pazienti affetti da Fibrosi Cistica, portatori di mutazioni con difetto di gating (classe III) e di alcune mutazioni con funzione residua di proteina CFTR: l’esatto meccanismo che induce ivacaftor a potenziare l’attività di gating delle forme normali e di alcune forme mutanti di CFTR in questo sistema non è stato completamente chiarito. L’Ivacaftor viene classificato in base alla Biopharmaceutics Drug Disposition Classification System (BDDCS), come farmaco di classe 2, ovvero, farmaco poco solubile ma con elevata permeabilità e metabolismo. Per questo motivo deve essere somministrato con cibo ricco di grassi per favorire la sua biodisponibilità.

Spesso è associato in un regime terapeutico con il Tezacaftor, un altro farmaco usato nella fibrosi cistica ed approvato anch’esso nel 2020. E come l’Ivacaftor è classificato nella categoria 2 dal sistema BDDCS. Quindi, per essere concisi e chiari, si tratta di una terapia combinata che merita elevata attenzione per la somministrazione per via orale (a stomaco pieno e con grassi) onde evitare il non raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. A questo bisogna aggiungere le potenziali interazioni metaboliche quando associati ad altri farmaci! Infatti, la dose di Ivacaftor deve essere aggiustata in caso di somministrazione concomitante con moderati e forti inibitori del CYP3A.

In caso di somministrazione concomitante con moderati inibitori del CYP3A (ad es. fluconazolo, eritromicina, verapamil), o forti inibitori del CYP3A (ad es. ketoconazolo, itraconazolo, posaconazolo, voriconazolo, telitromicina e claritromicina), la dose deve essere ridotta.

E per finire, vi ricordo il prezzo al pubblico come segnalato da una nota AIFA di Luglio 2021 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

Confezione: 28 compresse da 150 mg – compressa rivestita con film, uso orale.

Prezzo al pubblico (IVA inclusa): Euro 14.853,60.

Conoscere questi aspetti significa fare terapia.

 

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