Cosa, Come e Quanto ne Sappiamo.

Epilepsy_Drugs Capire gli effetti degli alimenti assunti quotidianamente sull’attività dei farmaci può favorire il compito dei professionisti sanitari nell’adottare le dovute precauzioni nella contemporanea assunzione di cibo e farmaci. Infatti, molti nutrienti possono interagire con i farmaci sia a livello farmacocinetico che farmacodinamico e molto spesso i risultati finali non sempre sono prevedibili. Questi imprevisti non solo possono ridurre l’effetto terapeutico sperato ma anche far nascere seri effetti tossici collaterali. Lo scopo di questo sito web è quello di fornire informazioni a riguardo delle più recenti acquisizioni scientifiche nelle problematiche che riguardano le interazioni tra Farmaci e Nutrienti. Esplora liberamente e lascia un tuo commento. Grazie!

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 Gli Inibitori della Pompa Protonica Alterano la Composizione del Microbiota Intestinale

Gli inibitori della pompa protonica (abbreviati con PPI) fanno parte di una classe particolare di farmaci in grado di sopprimere la produzione di acido a livello gastrico. In realtà, sono dei profarmaci, poiché diventando funzionali solo nell’ambiente acido dello stomaco. In seguito alla loro attivazione, inibiscono le pompe idrogeno-potassio (H+/K+ ATPasi), costituite da proteine di transmembrana, responsabili del rilascio di acido cloridrico nel lume dello stomaco.

Sebbene questi farmaci siano usati per trattare i disturbi del tratto gastrointestinale quali ulcere peptiche sanguinanti, esofagite erosiva, e reflusso gastroesofageo, molto di frequente vengono anche utilizzati in profilassi per prevenire le ulcere da stress e per ridurre la tossicità gastrointestinale associata a determinati farmaci, compresi gli antinfiammatori non steroidei, aspirina e steroidi, nonostante questa pratica non abbia sufficienti prove cliniche a suo favore. Difatti oggi si assiste ad un loro abuso, e quasi sempre clinicamente vengono associati a molte terapie anche quando non vi è un reale bisogno. Questa pratica può essere spiegata, pertanto, solo dal fatto che questa classe di farmaci è tra le più redditizie in ambito farmaceutico; tuttavia, i diversi effetti collaterali generati dal loro uso improprio ha portato ad investigare sulla reale necessita di utilizzo.

L’analisi ha mostrato che oltre il 70% delle prescrizioni di PPI potrebbe essere inappropriato, specialmente per un’inutile profilassi dell’ulcera da stress, in mancanza di una vera evidenza.

Inoltre, recentemente, sono stati identificati numerosi effetti collaterali, tra cui carenze nutrizionali, aumento del rischio di fratture ossee e rischi di infezioni enteriche; in particolare, si è osservato un maggior rischio di polmonite acquisita in comunità e infezioni sostenute dal Clostridium difficile nei riguardi del quale è stato dimostrato che gli IPP ne favoriscono lo sviluppo.

È stato anche dimostrato che l’uso di PPI aumenta il rischio di peritonite batterica spontanea e altre forme di infezione batterica nei pazienti con cirrosi e ascite, suggerendo che l’uso improprio di PPI può rappresentare un rischio elevato per le persone già suscettibili a infezione e altre complicazioni, come ad esempio, nei pazienti anziani e negli individui più fragili o obesi (Gut 2016;65:749–756. doi:10.1136/gutjnl-2015-310861).

Gli studi delle interazioni tra gli inibitori della pompa protonica ed il microbiota sono solo all’inizio ma questi preliminari dati dovrebbero far riflettere la comunità scientifica e clinica nel disporre ed adoperare questi farmaci solo in caso di vera necessità e di non eccedere in una ipotetica profilassi, tra l’altro, non giustificata da sufficienti prove, probabilmente soltanto per fini meramente economici.

 Il Microbiota Cutaneo ed i Probiotici Proteggono la Pelle dai Danni Indotti dai Raggi UV: La Nuova Sfida della Cosmeceutica e della Dermatologia

Recentemente la cosmeceutica e la dermatologia hanno mostrato grande interesse verso l’uso di probiotici per la funzionalità del microbiota cutaneo e hanno focalizzato i loro studi sul microbiota cutaneo e la sua interazione con la pelle e l’ambiente in cui viviamo.

I raggi UV rappresentano sicuramente uno dei fattori ambientali più preoccupanti che colpiscono la pelle quotidianamente, ma soprattutto nel periodo estivo mettendo a dura prova la nostra salute.  Gran parte degli studi effettuati fino ad oggi si sono concentrati sugli effetti dei raggi UV sulla pelle, ma pochi hanno indagato gli effetti sul microbiota e sull’importanza del microbiota cutaneo nella protezione cutanea da radiazioni UV. Infatti, gli effetti dei raggi UV sulla pelle possono influenzare indirettamente il microbiota cutaneo e i batteri stessi hanno imparato a sviluppare una resistenza ai raggi UV.

È stato dimostrato che le radiazioni UV influenzano la composizione e l’attività del microbiota cutaneo, ma le sue conseguenze restano al momento ambigue, poiché ci possono essere fattori positivi, come causare una diminuzione dei patogeni opportunisti come lo Staphylococcus aureus, ma anche fattori negativi, a causa di comparsa di infiammazione cronica per sovrastimolazione di fattori pro-infiammatori.

Recentemente è stato studiato l’impatto dei raggi UVA e UVB sul microbiota cutaneo, su un gruppo di volontari, osservando l’alterazione del microbiota cutaneo dopo l’esposizione ai raggi UVA e UVB (Microorganisms 2021, 9, 936. bhttps://doi.org/10.3390/microorganisms9050936).

Sebbene i cambiamenti fossero molto variabili, da questo studio si è osservato che i batteri del genere Cyanobacteria tendono ad aumentare mentre Lactobacillaceae e Pseudomonadaceae tendono a diminuire. L’aumento dei cianobatteri è stato attribuito alla loro elevata resistenza intrinseca ai raggi UV. In effetti, i cianobatteri sviluppano una varietà di meccanismi di difesa compresa la biosintesi di composti che assorbono/schermano i raggi UV, come le micosporine amminoacidi (MAA) ed enzimi, tra cui la superossido dismutasi (SOD), che contrastare lo stress ossidativo. I raggi UV influenzano direttamente anche i batteri cutanei come Cutibacterium acnes riducendo la loro produzione di porfirine. L’UV agisce anche su un altro comune batterio cutaneo, Micrococcus luteus. Questo ceppo ha la straordinaria proprietà di essere in grado di antagonizzare l’effetto deleterio dei raggi UV sul sistema immunitario attraverso l’inversione dell’acido cis-urocanico formato dai raggi UV durante l’esposizione cutanea.

Questa evidenza ha portato l’industria cosmeceutica e dermatologica a prendere in considerazione il microbiota cutaneo nello sviluppo di prodotti utilizzati per la fotoprotezione.

Formulazioni di prodotti cosmetici contenenti probiotici e postbiotici come ingredienti base, rappresentano una nuova strategia per bloccare gli effetti delle radiazioni UV e proteggere o ripristinare l’equilibrio del microbiota cutaneo grazie alla loro azione antiossidante e/o antinfiammatoria.

 Le Interazioni Farmaco-Cibo sono sempre più frequenti: coinvolti più del 40% dei farmaci approvati dal 2010 ad oggi. Il caso dell’Ivacaftor usato nella Fibrosi Cistica.

In base ad un recente studio è stato messo in evidenza che circa il 40% dei farmaci autorizzati tra il 2010 e il 2017 mostra un significativo fenomeno di interazione con il cibo (O’Shea et al., 2019). Ciò suggerisce che durante lo sviluppo clinico dei farmaci, l’anticipazione dell’impatto del cibo sull’assorbimento dei farmaci e sugli effetti globali della sua farmacocinetica è di estrema importanza per evitare conseguenze critiche durante il loro uso terapeutico. Di conseguenza, la capacità di prevedere e anticipare l’effetto del cibo sulla somministrazione orale di farmaci è di immenso valore per lo sviluppo dei farmaci. Giusto per renderci conto dell’entità del problema, basti pensare che dei 26 farmaci per via orale licenziati nel 2020, per 11 di loro (42%) sono state riportate chiare evidenze di interazioni con conseguenze clinico-terapeutiche tale da poter far nascere serie reazioni avverse.

L’Ivacaftor (commercializzato con il nome di Kalydeko) è un modulatore della proteina CFTR, che ha dimostrato negli studi clinici controllati, ottime caratteristiche di efficacia e buone caratteristiche di sicurezza e, ormai da lungo tempo, viene prescritto a tutti i pazienti affetti da Fibrosi Cistica, portatori di mutazioni con difetto di gating (classe III) e di alcune mutazioni con funzione residua di proteina CFTR: l’esatto meccanismo che induce ivacaftor a potenziare l’attività di gating delle forme normali e di alcune forme mutanti di CFTR in questo sistema non è stato completamente chiarito. L’Ivacaftor viene classificato in base alla Biopharmaceutics Drug Disposition Classification System (BDDCS), come farmaco di classe 2, ovvero, farmaco poco solubile ma con elevata permeabilità e metabolismo. Per questo motivo deve essere somministrato con cibo ricco di grassi per favorire la sua biodisponibilità.

Spesso è associato in un regime terapeutico con il Tezacaftor, un altro farmaco usato nella fibrosi cistica ed approvato anch’esso nel 2020. E come l’Ivacaftor è classificato nella categoria 2 dal sistema BDDCS. Quindi, per essere concisi e chiari, si tratta di una terapia combinata che merita elevata attenzione per la somministrazione per via orale (a stomaco pieno e con grassi) onde evitare il non raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. A questo bisogna aggiungere le potenziali interazioni metaboliche quando associati ad altri farmaci! Infatti, la dose di Ivacaftor deve essere aggiustata in caso di somministrazione concomitante con moderati e forti inibitori del CYP3A.

In caso di somministrazione concomitante con moderati inibitori del CYP3A (ad es. fluconazolo, eritromicina, verapamil), o forti inibitori del CYP3A (ad es. ketoconazolo, itraconazolo, posaconazolo, voriconazolo, telitromicina e claritromicina), la dose deve essere ridotta.

E per finire, vi ricordo il prezzo al pubblico come segnalato da una nota AIFA di Luglio 2021 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

Confezione: 28 compresse da 150 mg – compressa rivestita con film, uso orale.

Prezzo al pubblico (IVA inclusa): Euro 14.853,60.

Conoscere questi aspetti significa fare terapia.

 

 Cioccolata e Vino non sempre fanno bene al…cuore!

Uno studio pubblicato su Nutrients (2021 Nov 26;13(12):4269. doi: 10.3390/nu13124269,) ha avuto come scopo quello di verificare i recenti rapporti sull’impatto del consumo di cioccolato e vino sulla salute cardiovascolare, con particolare anche alla contemporanea assunzione di specifici farmaci. Questi prodotti, da un lato, hanno dimostrato effetti negativi sul sistema cardiovascolare, ma dall’altro, se consumati in quantità ottimali, hanno benefici cardiovascolari ben individuati. In particolare, lo studio ha permesso di individuare che le dosi benefiche di questi due importanti cibi, sono, rispettivamente per donne e uomini, di 30/50 g e 130/250 ml per cioccolato e vino. Ovviamente, gli ingredienti attivi nei prodotti presi in considerazione in questo studio sono composti fenolici, caratterizzati da proprietà antinfiammatorie, antiossidanti e anti-piastriniche.
Gli ingredienti cardioprotettivi più importanti, come documentato da diversi studi, sono i flavonoidi del cacao, inclusi flavoni, isoflavoni, flavanoni, flavonoli, flavanoli e antociani, che possono migliorare la capacità di efflusso di colesterolo in vitro.
Tuttavia, ci sono anche alcune segnalazioni di proprietà cardioprotettive di altri composti come esteri, ammine, ammine biogene, amminoacidi, acidi grassi, ingredienti minerali e vitamine. Gli effetti benefici ed i meccanismi d’azione dei composti bioattivi presenti nel cioccolato e nel vino dipendono da alcuni fattori, come l’età, il sesso, il peso corporeo e la presenza di ulteriori condizioni cliniche-patologiche. In questo studio è stato messo in evidenza che i pazienti che utilizzano farmaci cardiovascolari in presenza di questi due prodotti devono prestare attenzione al rischio di interazioni farmacologicamente rilevanti durante il loro uso.

A titolo di esempio, se l’acido acetilsalicilico (Aspirina) viene assunto insieme al vino (escludendo l’effetto dell’alcool), si ha un’interazione sinergica e un potenziamento dell’effetto antipiastrinico dovuto all’inibizione della ciclo-ossigenasi I (COX-I) nelle piastrine, con conseguente sanguinamento. D’altra parte, l’uso combinato di statine (ad es. Simvastatina, atorvastatina) con alcool porta ad un’inibizione del metabolismo di questi farmaci mediato dal CYP450 3A4 e ad un aumento della loro concentrazione sierica come risultato del metabolismo epatico condiviso. Inoltre, sono state riportate interazioni tra aspirina e acido gallico presenti nel vino.

Tuttavia, possono verificarsi interazioni anche con altri componenti attivi contenuti in questi prodotti, in particolare i polifenoli come il resveratrolo, seguito dalla quercetina. Poiché la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci possono essere alterate dalla presenza di macronutrienti come i grassi, i farmaci lipofili vengono assorbiti meglio in presenza di grasso; quindi, è probabile che simvastatina, atorvastatina e lovastatina vengano assorbite meglio dopo aver consumato cioccolato, mentre fluvastatina e pravastatina, a causa della loro natura idrofila, in presenza di vino. Un altro punto da notare è l’effetto del pH del cibo. Il vino con un pH di 3,5-4,0 provoca l’acidificazione del contenuto gastrointestinale, che può provocare una riduzione dell’assorbimento dei farmaci alcalini e aumentare l’assorbimento dei farmaci acidi.

Tuttavia, sono ancora in corso studi su larga scala per determinare gli effetti dei polifenoli e del loro principale rappresentante, il resveratrolo, sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica dei farmaci. Molti studi hanno valutato l’effetto dei componenti del vino rosso sull’attività del CYP3A4. dimostrando che il trans-resveratrolo può inibire o inattivare in modo non competitivo CYP3A4 e CYP3A5 e modulare l’attività del CYP a livello di trascrizione genica.

È da notare, comunque, che il resveratrolo molto probabilmente non è l’unico componente del vino rosso che induce l’inattivazione del CYP3A4. Infatti, è stato riportato che anche le frazioni di vino rosso prive di resveratrolo inibiscono significativamente il CYP3A4 in vitro. Inoltre, la quantità di resveratrolo presente nel vino rosso (1 bicchiere) è troppo bassa per tenere conto del grado di inattivazione del CYP3A4 osservato. Gli studi in corso faranno maggiore chiarezza a tal proposito, ma intanto è bene fare attenzione all’uso contemporaneo di questi due alimenti, e comunque aggiunti alla dieta in giuste dosi, in presenza di una terapia con farmaci che necessitano del CYP 3A4 per la loro metabolizzazione, onde evitare interazioni critiche.

 Le interazioni Farmaco-Microbiota

Il microbiota intestinale umano è responsabile dell’efficacia dei farmaci, determinando la riuscita di una terapia farmacologica. Ugualmente, anche i principi attivi ed gli eccipienti contenuti nelle varie forma farmaceutiche somministrate per via orale, possono avere un impatto sui batteri intestinali operando la nascita di una disbiosi. Tuttavia, le interazioni farmaco-microbiota sono ancora poco studiate in ambito clinico, soprattutto in casi di polifarmacia sempre più presente in una popolazione di anziani e in presenza di comorbilità.

Recenti studi clinici effettuati su farmaci comunemente usati, hanno fornito interessanti risultati che giustificano la necessità di conoscere le conseguenze critiche che nascono in seguito alle interazioni tra farmaco e microbiota e viceversa. Conoscere le potenziali interazioni tra farmaci e la composizione del microbioma intestinale è importante per comprendere il reale meccanismo e lo sviluppo di alcuni effetti collaterali dei farmaci. Tant’è vero che l’uso indiscriminato degli inibitori della pompa protonica (PPI), farmaci che inibiscono la produzione di acido gastrico, è stato associato con un aumento dei batteri tipicamente orali nell’intestino, modificando in tal modo l’equilibro del microbioma intestinale. E’ importante, pertanto, salvaguardare il microbioma intestinale soprattutto in casi di polifarmacia, ovvero di uso di più farmaci per differenti patologie. Ma soprattutto a fare attenzione nell’utilizzare in modo improprio i supplementi della dieta, ovvero integratori e congeneri, che potrebbero far modificare la composizione del microbioma e quindi la nascita di disbiosi con conseguenze negative per i pazienti.

Di seguito si riportano le più comuni interazioni al momento note tra farmaci e microbiota, e viceversa.

INTERAZIONI DI FARMACI  CON IL MICROBIOTA INTESTINALE

Antibiotici: gli antibiotici sono noti per alterare il microbioma intestinale uccidendo i batteri nocivi ma anche quelli benefici, il che può portare a disbiosi (disequilibrio del microbioma) e conseguenze negative sulla salute. Una terapia prolungata per più di 5 giorni distrugge in modo irreversibile in nostro microbiota.

Farmaci per la malattia infiammatoria intestinale (IBD): i farmaci utilizzati per trattare l’IBD, come gli anti-infiammatori non steroidei (FANS), possono danneggiare la permeabilità intestinale e alterare il microbioma.

Farmaci e Terapia Antitumorale: la chemioterapia può uccidere batteri benefici nel tratto intestinale e causare disbiosi. I farmaci chemioterapici e radioterapici utilizzati per il trattamento del cancro possono influire sulla composizione del microbioma e compromettere la funzione immunitaria.

Farmaci per il diabete: alcuni farmaci per il diabete, come la metformina, possono influenzare la composizione del microbioma con effetti sensibili sull’obesità e sulla qualità del diabete stesso.

Farmaci Antidepressivi: alcuni antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), possono alterare la composizione del microbioma e influenzare la funzione intestinale.

Farmaci per il cuore: alcune classi di farmaci per il cuore, come i beta-bloccanti, possono alterare la composizione del microbioma e influenzare la funzione intestinale.

Farmaci Antiasmatici: alcuni farmaci per l’asma, come i corticosteroidi, possono influenzare la composizione del microbioma e aumentare il rischio di infezioni.

Farmaci antinfiammatori: alcuni farmaci antinfiammatori, come il paracetamolo e l’ibuprofene, possono influenzare la composizione del microbioma e aumentare il rischio di infezioni.

Farmaci per la riduzione del colesterolo: alcuni farmaci per la riduzione del colesterolo, come le statine, possono influenzare la composizione del microbioma e modificare il rischio di malattie cardiovascolari.

INTERAZIONE DEL MICROBIOTA INTESTINALE CON I FARMACI

Clopidogrel: il clopidogrel è un farmaco antitrombotico comunemente usato per prevenire la formazione di coaguli di sangue. Tuttavia, il clopidogrel deve essere attivato dal fegato e dal microbioma intestinale, il che significa che il microbioma può influenzare l’efficacia del farmaco.

Metotrexato: il metotrexato è un farmaco antitumorale che viene metabolizzato dal fegato e dal microbioma intestinale. Uno studio ha dimostrato che i batteri intestinali possono influenzare la risposta al metotrexato e che la somministrazione di antibiotici può alterare la risposta del paziente al farmaco. I cambiamenti nella composizione del microbioma possono influenzare l’efficacia del metotrexato e la risposta del paziente al farmaco

LevoDopa: la L-dopa è un farmaco utilizzato per trattare i sintomi della malattia di Parkinson. Tuttavia, i batteri intestinali possono metabolizzare la L-dopa prima che raggiunga il cervello, il che può ridurre l’efficacia del farmaco.

Metformina: la metformina è un farmaco comunemente usato per il trattamento del diabete. Uno studio, come già accennato sopra, ha dimostrato che la metformina può influenzare la composizione del microbioma intestinale e che questi cambiamenti possono influenzare l’efficacia del farmaco stesso.

Warfarin: la warfarin è un anticoagulante comunemente usato per prevenire la formazione di coaguli di sangue. Tuttavia, il microbioma può influenzare la risposta del paziente alla warfarin e la somministrazione di antibiotici può alterare la risposta del paziente al farmaco.

Rituximab: il rituximab è un farmaco utilizzato per il trattamento di alcune forme di cancro e malattie autoimmuni. Uno studio ha dimostrato che il microbioma intestinale può influenzare la risposta del paziente al rituximab.

Chemioterapia: la chemioterapia è un trattamento per il cancro che può influenzare la composizione del microbioma intestinale e causare effetti collaterali gastrointestinali. Tuttavia, alcuni studi suggeriscono che l’uso di probiotici può aiutare a prevenire questi effetti collaterali.

Omeprazolo: l’omeprazolo è un farmaco utilizzato per trattare il reflusso gastroesofageo e altre condizioni gastrointestinali. Uno studio ha dimostrato che l’omeprazolo può influenzare la composizione del microbioma intestinale e ridurre la diversità batterica.

Metotrexato: come menzionato in precedenza, il metotrexato è un farmaco antitumorale che può essere metabolizzato dal microbioma intestinale.

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